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Virus: scienza, conoscenza e sacro

Recensione di Ilaria Palomba – ilariapalombalibri.blogspot.com


Il libro presenta un excursus dalla scienza alla geopolitica, dalla geopolitica alla micropolitica, dalla micropolitica al pensiero orientale, dal pensiero orientale al cristianesimo, dal cristianesimo alla cabala per poi tornare alla scienza

Dal blog di Ilaria Palombari:

Come unico consiglio di lettura per agosto – ma vale sempre per tutto l’anno – vorrei parlare di un saggio che ho letto di recente e che ha ribaltato ogni mia credenza in ambito medico, geopolitico, filosofico e teologico. Aggredior virus (Edizioni Mondo Nuovo) del filosofo e scrittore Claudio Comandini è forse – insieme ai saggi di Žižek e Agamben – il più completo, esaustivo e coraggioso libro – definirlo saggio sarebbe riduttivo – sulla situazione presente, tanto che recensirlo risulta quasi impossibile. Possiamo dire però che esiste – per fortuna, ancora – uno sguardo filosofico sul presente, una visione d’insieme che, lungi dalla scotomizzazione dell’approccio scientifico, ne rende ragione all’interno di una rosa di conoscenze che non si riducono – e se vogliamo è proprio un libro contro il riduzionismo e sviluppa la complessità su diversi piani – alle quattro regolette in croce venerate come divinità pagane dal mondo medico. Un libro sul covid-19 di questi tempi è un impegno serio, un rischio, significa affrontare un grande pericolo, perciò le due-tre cosette propalate dal sapere tecnico scientifico e imposte come legge assoluta non bastano più, la certezza assurta a sistema non basta più; qui si porta alle estreme conseguenze l’assetto geopolitico mondiale, e comprendiamo come l’esplosione della pandemia sia solo la punta dell’iceberg, un iceberg purulento chiamato capitalismo, un iceberg mortale chiamato essere umano. Come dice anche l’autore di Spillover David Quammen, piuttosto presente su queste pagine, il virus siamo noi.

Comandini parte egregiamente, già dalle citazioni, con una visione che si districa perfettamente tra filosofia, scienza e religione, con il Salmo 23: “Anche se andassi per valle tenebrosa, non temo alcun male”; L’arte della guerra: “Indurre i nemici ad arrendersi spontaneamente senza arrivare allo scontro: questa è la vittoria più grande”, e Così Parlò Zarathustra: “Fratelli, restate fedeli alla terra”.

Il libro presenta un excursus dalla scienza alla geopolitica, dalla geopolitica alla micropolitica, dalla micropolitica al pensiero orientale, dal pensiero orientale al cristianesimo, dal cristianesimo alla cabala per poi tornare alla scienza e, come accennavo, sarebbe impossibile parlare di ogni aspetto di questo stupefacente lavoro a meno di non stilare un nuovo saggio sul saggio, una tesi di laurea o di dottorato, ma voglio condividere alcuni passaggi e tentare – per quanto possibile – di commentarli:

“Così, per quanto l’immagine possa essere utile e anche suggestiva, l’umanità non si riduce, come afferma lo scrittore di formazione scientifica Paolo Giordano, soltanto a sette miliardi e mezzo di biglie su una specie di biliardo universale, destinate ad essere travolte a due a due da ogni altra fino a quando una di queste biglie non ne colpirà più neanche mezza. Il punto decisivo, da comprendere una volta per tutte se non vogliamo diventare microbi a nostra volta, è che ridurre tutto ai minimi termini non è scienza, e quel che sembra razionale non è per forza reale. Insomma, nelle condizioni concrete e parzialissime nelle quali è stato calcolato, il famoso numero “R0”, quello per cui il contagio si debba ridurre a zero e al quale si è legata ogni possibilità di contrastare il morbo, vale davvero meno di zero – così come è quantomeno annichilente che modelli parziali vengano assolutizzati, permettendo loro di guidare le scelte collettive. Il problema è dove la sovrastima nei confronti dei dati osservati e lo sviluppo di scenari privi di conoscenza critica del contesto si sono accompagnati con la tendenza a trasformare le indicazioni in una mezza specie di oracolo e quindi in decreti, aprendo così le porte al disastro decisionale; a tal riguardo, l’epidemiologo Donato Greco rimarca come i limiti siano maggiormente delle capacità di scelta strategica della politica che dei contributi previsionali quali quelli dell’Imperial College di Londra. Segnala Giuseppe De Rita del Censis come poi la mancanza di analisi statistica e qualitativa dei dati abbia determinato un forte accentramento di potere e una paura diffusa, le cui conseguenze hanno fortissimi margini di incognita.”

Si accenna fin dal primo capitolo all’idea del necessario sovvertimento dei canoni con cui leggiamo il presente e forse anche il passato, si accenna all’egemonia, quanto mai fallace, del pensiero tecnico scientifico, non senza uno sguardo attento a quest’ultimo, si guarda all’umano come a un essere dotato di anima, un essere non sostituibile, non numerabile, non agglomerabile in quei campi di concentramento urbani che sono diventate le città durante il lockdown. Il sottotitolo del libro è: I migliori giorni della nostra vita, e ora capiremo perché.

“La lezione dell’Esagramma 36, Ottenebramento della Luce, riguarda la corretta perseveranza di fronte alla miseria e alle difficoltà, che verrebbe premiata poiché la luce si nasconde proprio nella terra, dove è il principe stesso a tenerla celata. La responsabilità a cui mette di fronte tale sentenza è grande, e ci ricorda come ogni nostra reazione modifica ciò con cui ci relazioniamo. La prima riga di tale Esagramma ricorda che per compiere tale processo di superamento delle difficoltà debba essere necessario non mangiare per tre giorni, e quindi vivere una situazione di particolare privazione. Questo in parte corrisponde anche a come la nostra esperienza ha tentato di contenere il contagio; ma va pure considerato che, secondo le regole di questo particolarissimo oracolo, la trasformazione comportata dalla valutazione di tale riga porta ad un altro e diverso Esagramma. Lo osserveremo dopo aver iniziato ad aggredire il virus da diverse prospettive.”

Cosa ci è stato chiesto di fare? Forse molti di noi si sono disperati per i cari contagiati, per le atroci perdite, altri perché hanno perso il lavoro, altri ancora abbandonati alle loro solitudini abissali si sono suicidati o hanno sfiorato la psicosi, altri si scagliano contro la dittatura sanitaria – che è altrettanto inutile quanto schierarsi stolidamente in difesa di sistemi violenti e dittatoriali come il Green Pass – ma, certo, nessuno ha compreso. Non esiste più il lavoro, così come lo immaginavamo prima, non esiste più il mondo di prima, tale cambiamento va accolto nell’unico modo possibile, riducendo il danno. Stiamo ancora attraversando la morte, siamo nella morte piena, nell’era dei flagelli, dei grandi mali, dell’incompatibilità definitiva tra uomo e ambiente. È quanto mai necessario tornare ad ascoltare il passato, i mistici, i maestri della sospensione. Oltrepassare significa poter attraversare questa morte senza pretendere di contrastarla. Non si può contrastare la natura, non le si può neppure attribuire un volere antropomorfico, forse avremmo dovuto solo azzittirci e ascoltare.

“In questo lockdown, di cui comunque non esiste una sola tipologia, ritroviamo le condizioni di privazione di cui ci ha parlato l’I-Ching, e quindi l’inaspettata applicazione della non-azione tipica del Wu-wei taoista, del quale troviamo traccia particolarmente in Cao Cao, statista, condottiero e poeta cinese del III secolo, la cui paziente strategia di adattamento alle circostanze è stata stravolta nelle narrazioni da tratti di particolare crudeltà.”

Comandini sostiene che se siamo uomini e non palline nella rete di interconnessioni bisogna ridare valore al corpo-anima-mondo, comprenderlo nell’insieme:

“I corpi non sono affatto astrazioni e la loro complessità comporta sempre un ambiente in cui agire e interagire. Leibniz ancora oggi ci ricorda come ogni elemento di questa relazione complessiva riassuma e arricchisca l’insieme di variazioni innumerevoli, e l’ammonizione del metereologo Edward Lorentz per cui un battito d’ala può creare tempeste comporta che le predizioni non possano affatto restare legate soltanto alla capacità di condizionamento esercitato dalle condizioni iniziali. E dove ogni singola azione può influenzare il futuro in modi imprevedibili e nessun determinismo ha valore se non in modi puramente descrittivi, emerge il nucleo di ogni libertà: il possibile è sempre qualcosa di più del probabile.”

In tale contesto a travolgerci più di ogni altra biglia è l’infodemia: dal dizionario Treccani “Circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento per la difficoltà di individuare fonti affidabili.” È accaduto che ci si sia dati la zappa sui piedi, e proprio noi, che cercavamo di fare resistenza alle pressioni che arrivavano dall’esterno, siamo caduti nella trappola della disinformazione, e ci siamo caduti tutti, chi a destra, chi a sinistra, chi leggendo semplicemente i giornali. Nessuno diceva la verità perché semplicemente una verità non esisteva.

“Parallelamente, nell’assedio di chiacchiere più tossiche di un’aria satura da tempo, esplode anche l’infodemia, ma nei confronti dei suoi vuoti e pieni non sembrano ancora essersi diffuse soluzioni all’altezza del problema, che non sono certo in un isolamento crudele che, pur continuando ad esporre all’infinita riproduzione di chiacchiere dannose, priva delle capacità di intervento sul proprio habitat. Anzi, questa non è affatto una novità, ed è proprio così che perlopiù si vive, di questi tempi.”

Come già segnalato, si sviluppa nel testo un’integrazione fra lo sguardo scientifico e quello filosofico e religioso. E questo proprio perché dire religione ormai è come bestemmiare, la religione ci riporta indietro, ci spaventa, ci fa credere che non tutto sia spiegabile, dimostrabile, algoritmicamente prevedibile e scientificamente risolvibile. Aggredior virus non è solo un libro sul coronavirus ma un libro sulla vita, i capitoli che chiudono spiegano precisamente, senza sconti, come siamo arrivati fin qui e come uscirne. I migliori giorni della nostra vita, certo, lo sarebbero stati, se non avessimo deciso di lasciare ogni cosa nella sua squallida tendenza che dal capitalismo al nichilismo, passando per corpi che sembrano irrimediabilmente malati e menti ottenebrate da infodemie, narcisismi e altre chiusure anomiche, sgretola ogni possibilità di cambiamento. Perciò, Comandini dice: Socialismo o morte! È giunta l’ora di cambiare i parametri con cui ci accostiamo all’esistenza, esistenza che non ci appartiene, non ne siamo padroni, heideggerianamente non siamo che suoi ospiti, e stiamo facendo di tutto affinché la vita umana sulla terra perda dignità. Ciò permette di estendere lo sguardo e vedere fino a che punto arriva questo nostro male.

“Se è quindi vero che, nel senso in cui lo intendono proprio gli uomini di scienza, il virus siamo noi, non ha torto Crivelli quando, sviluppando la scienza della Cabala, individua il vero nemico di fronte al quale ci troviamo oggi in qualcosa che, oggettivandosi nella voce delle masse, rappresenta il veicolo di una tendenza oscura presente in noi, la quale ci rende malati, alimentando il male del mondo.

Fino ad allora, libertà rimarrà una parola priva di corrispettivi reali. Intanto, nessun Dio sembra baciarci, il corpo resta stupido e malato, la politica rimane piccina e inconsistente, la comunicazione spezzata da contrasti privi di soluzione: ecco dove siamo.”

Il virus dell’infodemia è studiato anche facendo riferimento a “Contro la comunicazione” di Mario Perniola, e non a caso. La comunicazione difatti è l’opposto della conoscenza, si trova a spadroneggiare nell’era che Perniola stesso definì della reputazione, dove sei solo ciò che mostri e mostri solo ciò che non sei. Dobbiamo dunque destreggiarci come possiamo in un orizzonte privo di logica, o la cui unica logica è il profitto, e in cui si comunicano informazioni che non informano nessuno, che non comunicano niente. Cosa fare del mondo (e nel mondo) in cui viviamo? Ammesso che si possa ancora farne qualcosa, non saranno le battaglie per i diritti o le proteste contro questo o quel vaccino a salvarci da un tracollo che definire epocale sarebbe ingenuo. Va ripensata la vita nel suo insieme. Se una battaglia comune esiste, questa è la battaglia contro il demoniaco trend che riassume in pochi sintagmi lo spirito del tempo: denaro, potere, popolarità. Fuori dalla logica operazionale siamo ancora creature dotate di psiche, che si voglia definirla mente, anima o corpo-anima, probabilmente è in questa direzione che dovremmo guardare per ritrovare salute e dignità. Ma, nella reale riscoperta del corpo vissuto (Leib, come diceva Husserl), come ripartire?

“«Dobbiamo iniziare a pensare al dopo emergenza»: il presidente Mattarella piange i morti italiani e punta al rilancio della vita sociale ed economica. Berlusconi stesso è concorde, pur nelle divergenze politiche, di mantenere unità istituzionale. È prioritario restituire coesione al Paese, va colta l’opportunità di riscrivere le regole della UE, sarà inevitabile ridefinire le linee rispetto all’esigenza di sviluppo e l’idea stessa di sviluppo. Ciò sarebbe stato necessario già da tempo, e ora occorre risolvere soprattutto spaccature ed equilibri. In una fase successiva, celebrando al cimitero monumentale di Bergamo le numerosissime vittime riconducibili al coronavirus (in tutta la provincia circa 4.800), a suo tempo private persino di un funerale, il capo dello Stato ha rimarcato: «Ricordare significa riflettere, seriamente, con rigorosa precisione, su ciò che non ha funzionato, sulle carenze di sistema, sugli errori da evitare di ripetere». Non torneremo a prima, le cose non andavano bene da un po’ e c’è poco da rimpiangere: non si potrà che andare avanti, ovunque sia. Come segnala la filosofa Donatella Di Cesare, occorrerà superare la dominante atmosfera di terrore, sottomessa dal fantasma dell’immunizzazione completa e dal perpetrarsi dell’asfissia capitalista, per permettere quindi forme di coabitazione in ambienti complessi.”

Non torneremo come prima, non andrà tutto bene, non saremo gli stessi di una volta, forse dovremmo averlo già compreso. Il lavoro non pioverà dal cielo, ci saranno ancora più discriminazioni, i gruppi di potere saranno sempre più chiusi e impenetrabili, non avremo mai la certezza che chi ci sta curando lo faccia per il nostro bene o per mantenere vivo un sistema che invece chiede in tutti i modi di essere superato. Comandini lo sa bene e individua alcune soluzioni possibili, ma queste vanno lette direttamente sul testo.

Il nono capitolo, Scienza del male e speculazioni cabalistiche, sembra disperdersi in una frammentazione lisergica di sguardi, in cui invece tutto torna, nel suo itinerario che, partendo dalle riflessioni sulla necessità del male per lo sviluppo della libertà umana del gesuita Teilhard de Chardin, affronta le riflessioni sulla metafisica della peste di Sergio Givone, e connette il desiderio di differenza espresso dalla cabala alla scrittura che precede la scrittura a cui fa riferimento Derrida. Considerando che forma del male è pure la malattia.

“Anche questa nostra nuova malattia, rappresentata come capace di sopravvivere a sé stessa e fuori da ogni pianificazione, sollecita l’esercizio di una libertà in grado di renderci responsabili persino di quanto inesorabilmente ci possa sfuggire. Infatti, c’è come una generatio aequivoca per cui ogni specie d’infezione è presente ovunque, e nel caso del coronavirus anche precedentemente ai microbi e molto oltre i pipistrelli, la cui implicazione in definitiva la ritroviamo perlopiù come ipotesi. Tale generarsi si riscontra, prima che bene e male fossero distinti, proprio nell’agitazione dell’origine. Il male diventa quindi Male dove il soffio dello spirito vivente vivifica la materia parlante e la rende significativa, e trova principio generatore nel tempo che si raccoglie attorno alla sua essenza distruttiva, per poi arrestarsi sulla soglia del proprio venir meno: il Male è colto nello stesso processo della vita”.

Non possiamo fingere che tutto questo non sia avvenuto. Non possiamo tapparci le orecchie o continuare a non vedere, siamo in questo enorme cambiamento, e il cambiamento ha sempre a che fare con la morte, e viceversa.

“Nei messaggi che giungono nel nostro presente, il mondo è ferito, eppure resta in piedi: non è la prima volta che accade, forse è sempre stato così, e ogni frammento porta la testimonianza di un tutto inattingibile eppure presente. La crisi è globale, le manifestazioni locali, la soluzione è un’altra volta mondiale e comunque disponibile in ognuno. Gli uomini potranno finalmente sviluppare quel qualcosa oltre se stessi che ancora possiamo chiamare coscienza, oppure la perderanno definitivamente, divorati dalla dimenticanza radicale e dal mondo capovolto che imperversano?”

Fonte: https://ilariapalombalibri.blogspot.com/2021/07/virus-scienza-conoscenza-e-sacro.html

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