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Ponzio Pilato, procuratore o prefetto?

PONZIO PILATO, PROCURATORE O PREFETTO?

di Chiara Marena

(27/03/2021)

Anatole France, Bulgakov ed Elena Bono hanno in comune qualcos’altro oltre al fatto di essere tutti scrittori. Hanno in comune un errore. Un errore di misura circa la figura storica di Ponzio Pilato.
Nel 1902 Anatole France pubblica il racconto Il procuratore della Giudea nel quale descrive un Pilato ormai anziano “un vecchio assai corpulento che, la mano sulla fronte, guardava con occhio cupo e sprezzante […]”, un uomo “crudelmente travagliato dalla gotta” che si mette in viaggio verso i Campi Flegrei dove spera di trovare delle cure che gli arrechino un sollievo. Sulle colline che dominano i bagni di Baia incontra un vecchio amico, che in un primo momento non riconosce.
“Ponzio mio caro ospite, si vede che vent’anni hanno imbiancato assai i miei capelli e scavato le mie guance se tu non riconosci più il tuo Elio Lamia”. Pilato fissa su di lui uno sguardo attento, ma è solo al sentire il suo nome che si ricorda di lui.
“Quanto mi è dolce rivederti, anche se il rivederti mi porta a ricordare i giorni in cui ero procuratore della Giudea, nella provincia della Siria”.
Procuratore quindi, fin qui Anatole France.
Nel 1926 anche Bulgakov si occupa di Pilato. Ne Il maestro e margherita, l’opera postuma e la più celebrata dello scrittore russo, Pilato appare per mano di un Maestro che sta scrivendo una storia su di lui, una revisione del processo a Gesù.
Al mattino presto del giorno quattordici del mese primaverile di Nisan, avvolto in un mantello bianco foderato di rosso, con una strascicata andatura da cavaliere, nel porticato tra due ali del palazzo di Erode il Grande entrò il procuratore della Giudea Ponzio Pilato […]”.
Anche Bulgakov dunque cita Ponzio Pilato come procuratore. Ora dobbiamo pensare che anche lui si sia documentato sulle stesse fonti dello scrittore francese.
Terza ad incorrere nell’equivoco storico fu Elena Bono, scrittrice e poetessa scomparsa nel 2014 non abbastanza celebrata, la quale nel suo libro di esordio del 1956, la raccolta di racconti La morte di Adamo, dedica a Claudia Procula, moglie di Pilato, il più lungo racconto: La moglie del procuratore.
La scrittrice rappresenta la donna ormai in là con gli anni invitata ad una festa offerta dall’amico Seneca nella quale ella rievoca quei giorni lontani in Giudea. Pilato viene rivisto attraverso i ricordi e i giudizi dei convitati alla festa […] una tempra saldissima sotto le sue raffinatezze elleniche […];
[…]una persona incantevole, uno di quegli uomini, che quando muoiono, sembra che anche questo lo facciano per cortesia, come, non so, se avessero avuto un invito a cena dagli dei. […].
Fino a che la conversazione cade sul fatidico giorno del processo.
«Il giudizio di Pilato, lo vogliate o meno, ci pone di fronte a precise responsabilità e traccia una linea d’azione. Non ne potete prescindere. O voi lo smentite… ma non si lascia tanto facilmente smentire…»[…] «Che tu sappia, Claudia, tuo marito si imbatté mai in qualche verità di per sé., fra i suoi archivi, anticamere, rotuli, sigilli e prigioni? Ti disse mai venendo a tavola con un certo ritardo: “Devi perdonarmi, mia cara, ma oggi ho avuto a che fare con la verità di per sé. Spero non mi succeda più.”»
La moglie del procuratore che ci mostra Elena Bono è una donna in imbarazzo che rimane ancora turbata al ricordo di quel giorno. Questa raccolta è considerata il capolavoro della scrittrice italiana.

Quanto alla questione storica in oggetto, Anatole France per le cronache dalla Giudea riguardanti Ponzio Pilato fece riferimento quasi certamente a La guerra giudaica di Flavio Giuseppe, del 74-79 d.C. E viene proprio dallo storico ebreo l’attribuzione del titolo di Procuratore della Giudea:
Pilato, che Tiberio aveva inviato a governare la Giudea come procuratore…”. (Guerra giudaica – Libro II -Cap.9 – vv.2 ).
Lo storico romano Tacito negli Annali (Libro XV, v.44), risalenti all’incirca al 116 d.C., riprende l’attribuzione di Flavio Giuseppe quando riferisce l’episodio dell’incendio di Roma in cui Nerone, sospettato di esserne l’autore, fa’ ricadere le accuse sui cristiani: «[…] Perciò per far cessare tale diceria, Nerone si inventò dei colpevoli e sottomise a pene raffinatissime coloro che la plebaglia, detestandoli a causa delle loro nefandezze, chiamava cristiani. Origine di questo nome era Cristo, il quale sotto l’impero di Tiberio era stato condannato al supplizio dal procuratore Ponzio Pilato; e, momentaneamente sopita, questa esiziale superstizione di nuovo si diffondeva, non solo per la Giudea, focolare di quel morbo, ma anche a Roma, dove da ogni parte confluisce e viene tenuto in onore tutto ciò che vi è di turpe e di vergognoso».
Eusebio di Cesarea, teologo e vescovo della Chiesa (IV sec. d.C.), facendo riferimento alle Antichità Giudaiche di Flavio Giuseppe, definisce Pilato governatore:
Lo stesso storico [Flavio Giuseppe], nel diciottesimo libro delle Antichitàattesta che Ponzio Pilato divenne governatore della Giudea nel dodicesimo anno del regno di Tiberio” (Storia ecclesiastica – cap.9).
Nei Vangeli (Matteo 27,2 e Luca 3,1) lo troviamo con il titolo di governatore della Giudea.

La questione storica venne risolta nel 1961 grazie al ritrovamento di un’iscrizione a Cesarea Marittima, sede del governatore della Giudea, datata 31 d.C. nella quale Ponzio Pilato appare con il titolo di prefectus e non di procurator.

Riproduzione esposta a Cesarea marittima. L’originale si trova al Museo di Israele, a Gerusalemme.

Testo ricostruito dagli studiosi:

Prima riga: ]S TIBERIÉUM
Seconda riga: [PON]TIUS PILATUS
Terza riga: [PRAEF]ECTUS IUDA[EA]E

La differenza non è così insignificante. Il procuratore era amministratore dei beni imperiali. Il prefetto aveva un’autorità più ampia, in quanto la prefettura era un territorio che non aveva una magistratura giudiziaria propria, ma riceveva da Roma un magistrato per l’amministrazione della giustizia, e appartenente all’ordine equestre godeva di potere militare e politico per governare e gestire il territorio.

Ritornando al cammino letterario di Ponzio Pilato, sarebbe interessante ora scoprire quali altri scrittori siano caduti nello stesso incolpevole errore riferendosi alle citate fonti. Ma una cosa è certa, il Pilato della storia, il Pilato di ogni storia, procuratore o prefetto che sia, è l’uomo del potere che si chiede cosa sia la verità lungi dall’averla mai indagata, perché svantaggiosa per l’uomo (o la donna) che agisce esclusivamente cercando il proprio interesse.

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