Il problema c’è; è inutile nasconderlo; e non basta condannare o moralizzare. C’è qualcosa di più profondo da considerare.
Nelle comunità umane tende a realizzarsi una scissione sempre più radicale tra il “popolo” e le élites politico-culturali. Una scissione che non è nuova, ma che per secoli è stata contenuta dentro uno scenario più ampio; un’orizzonte che non si fermava alla periferia dei nostri villaggi.
Per secoli è stata l’idea di Dio a raccordare gli “ultimi” e i “primi” nella società; dentro quell’idea si creavano delle gerarchie che avevano il terminale in Dio; in Dio non negli uomini. Perché se fosse stata negli uomini , sarebbe stato molto più difficile da sopportare.
Adesso questa l’idea di Dio non funziona più. Non è più vissuta dagli uomini come realtà. E se questa idea non funziona più, c’è un enorme problema da risolvere.
L’uomo ha bisogno di identificarsi. E’ una necessità, non una scelta.
“Siamo nati per identificarci”, ha scritto Simone Weil. Mentre sant’Agostino sapeva che: “ci si trasforma in quel che si ama”. Ed anche nella Bhagavadgita c’è scritto: “qual è la fede di un uomo, quello egli è”.
Abbiamo bisogno di identificarci con qualcosa, con qualcuno, per poter credere alla nostra “identità”. Senza, c’è il timore della follia.
Un tempo questa identificazione in Occidente era resa possibile da tutta una “organizzazione” del “trascendente”. E questa organizzazione aveva il referente massimo in Dio.
Con la “morte di Dio” (Nietzsche) l’uomo è diventato orfano; ha perso il riferimento fondamentale per costruire la sua “identità”. E la cerca disperatamente sui social.
Senza un punto di riferimento “trascendente” per identificarsi, l’uomo è stato costretto a cercare una identificazione nella società (non gli rimane altro). E nella società i “valori” fondamentali ai quali l’uomo ha fatto sempre riferimento sono il potere e la vittoria.
L’uomo cerca di identificarsi sempre nel bene; ma se l’idea del bene si riduce solamente a quello che gli uomini credono sia il bene nella società, è la fine. Perché nella società, dal Vecchio Testamento fino ai nostri giorni, i “valori” degli uomini sono sempre stati vittoria e potere.
E meno l’uomo crede nella realtà “trascendente”, più deve arrendersi a quello che passa il mercato.
L’attuale scissione tra “élites e popolo” è drammatica per questa ragione: il popolo poteva anche identificarsi nelle élites quando al di là delle élites c’era ancora mondo; ma se le élites sono il terminale del bene, il popolo non può identificarsi con qualcuno che smentisce la sua realtà e i suoi valori. Ecco perché i Leader populisti sono un riferimento psicologico fondamentale per il popolo. Spesso sono politici molto furbi che “scendono” al livello del “popolo”, per fornire un punto di riferimento identitario a cittadini spesso senza sufficienti strumenti critici e culturali.
E noi non possiamo fermarci a condannare queste manifestazioni; dovremmo anche di tentare di capire.
Il “popolo” ormai senza più “Dio”, come può identificarsi con un tecnocrate (con un appartenente ad una élite) che lo “condanna” ad una subordinazione (culturale, politica, ma anche esistenziale) senza appello?
Chi ci potrà nuovamente dare una rappresentazione del mondo dove gli ultimi non devono essere umiliati da altri uomini?
Come sarà possibile ricreare una convivenza tra gli umani abbandonati dalla fiducia nel cielo?
Un uomo può subordinarsi ad un altro uomo: o con la forza, oppure con una rappresentazione del mondo in cui ciascuno ha il suo ruolo. Ma la rappresentazione del mondo non può fermarsi agli uomini: deve tendere al cielo.
Tino Di Cicco