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Dante e Maometto

DANTE E MAOMETTO

di Giovanni Liberato

(05/06/2021)

Paul Gustave Doré, Canto XXVIII dell’Inferno, incisione, 1861 ca.

Siamo alle Malebolge (Inferno, XXVIII, 22-63), tra i seminatori di scandali e scismi, in ossequio a una leggenda medievale che descriveva il fondatore dell’Islam quale cristiano apostata. Fatto importante, Muhammad ha il corpo lacerato dal mento al ventre (vv. 25-30):

tra le gambe pendevan le minugia
la corata pareva e ‘l tristo sacco
che merda fa di quel che si trangugia
[…]
guardommi, e con le man s’aperse il petto,
dicendo: «Or vedi com’io mi dilacco!».

Suo genero Ali, protomartire dello Sciismo, ha il volto spaccato dal mento alla fronte (cioè in perfetta continuità). Le due mutilazioni non sono per nulla casuali:

A) Ali morì per un colpo di spada alla testa (23 gennaio 661); Dante spiega che un diavolo infierisce proprio con una spada su tutti i dannati di quella bolgia.

B) Messer Durante Alagherio, inoltre, ben conosceva il racconto riguardante l’abluzione del cuore del profeta, di cui al primo versetto della Sura XCIV Ash-Sharh (L’Apertura): «Non ti abbiamo forse aperto il petto?». La tradizione islamica narra che due angeli di bianco vestiti, muniti d’una bacinella d’oro ricolma di neve, estrassero il cuore del giovane Muhammad e lo purificarono, asportandone un grumo nero; infatti, nella premurosa profezia del meccano su fra’ Dolcino (un eretico!), il fiorentino si diverte a fargli citare l’astro solare (l’oro della bacinella…) e la neve stessa (vv. 55-60).

Qui come altrove, il sommo poeta è padrone di leggende, storie e tradizioni, perché cantore iniziato alle conoscenze superiori.

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