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Cos’hanno in comune?

Cos’hanno in comune Berlusconi, Renzi, Di Maio-Di Battista e Salvini?

Il popolo.

Se Berlusconi, Renzi, Di Maio-Di Battisti e Salvini si presentassero per essere eletti in Finlandia oppure in Germania, difficilmente qualcuno di loro sarebbe eletto anche al Consiglio Comunale.

In Italia è diverso; in Italia in questo momento il popolo ha bisogno di un Leader più o meno demagogico. Senza un certo tasso di demagogia il popolo non riesce a identificarsi; non può votare una persona mite, ragionevole, attenta alle ragioni dei numeri, del buon senso e del futuro.

Se oggi venissero candidati al Parlamento uomini come De Gasperi, Moro, Berlinguer o La Malfa, il popolo non li voterebbe, se non in modo molto marginale. Il popolo ha bisogno di scaricare tensioni, che non riesce più a contenere, più che trovare soluzioni ai problemi della nostra comunità.

Perché è successo tutto questo? Perché se uno vale uno, tutti valiamo nessuno?

Sicuramente c’è dell’ingiustizia nel nostro Paese, ma non basta l’ingiustizia sociale a spiegare le ragioni che ci hanno portato ad una situazione in cui tutti siamo contro tutti.

Mancano “miti” in grado di raccordare le passioni, le speranze , la sofferenza degli uomini dentro un racconto unitario. Manca la disponibilità degli uomini a raccordarsi sotto una stessa bandiera, uno stesso simbolo, una stessa idea. Tutto quello che “trascende” il singolo non è più “reale”. E non è “colpa” degli uomini se le cose stanno così. C’è come un destino che pesa dentro la nostra storia e  ci lascia credere che noi siamo “le mosche cocchiere” che decidono la direzione di marcia del “progresso”.

Un tempo gli antagonismi tra gli uomini diventavano guerre di religione. Poi sono diventate conflitti tra partiti. Oggi siamo al rancore di tutti contro tutti. Forse perché un tempo c’erano grandi “miti” come le religioni capaci di tenere assieme gran parte del popolo. Con la perdita di “realtà” delle religioni, il ruolo di contenitore dei bisogni degli uomini è passato ai partiti. Contenevano meno delle religioni, ma erano ancora capaci di raccordare grandi masse di uomini sotto la voce “ideale”. Con la scomparsa anche dei partiti sembra venuto meno ogni “trascendente”, ogni possibilità di raccordare gli uomini con un principio, una idea capace di trascendere la singola soggettività.

E pensiamo di essere diventati perciò “concreti”. Avendo perso “fede” nel “trascendente”, possiamo essere in relazione solo con il sociale. Possiamo perciò identificarci solo in un “Capo”, un Leader capace di illuderci che con le prossime elezioni sarà tutto risolto. Naturalmente mente, ma a noi non interessa che menta; a noi interessa che qualcuno ci indichi il pericolo da cui essere salvati. “Soffro, qualcuno dev’essere colpevole” ha scritto Friedrich Nietzsche; e siccome noi soffriamo, cerchiamo un Leader capace di trovare il “colpevole”.

Sembra che la storia degli uomini si muova dalle grandi aggregazioni possibili solo con i grandi miti religiosi, verso la solitudine dell’individuo: irrelato e rancoroso, infelice e “social”.

Forse queste sono le condizioni migliori per il ritorno dell’Uomo-Dio. Un uomo al quale delegare tutta l’interpretazione della realtà; quello che sappia indicarci i nostri bisogni, che sappia stemperare tutte le nostre angosce, tutte le nostre  aspirazioni, tutte le nostre incertezze. Casomai dichiarando guerra alla Francia.

Tino Di Cicco

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