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Intervista a Simone Di Plinio su Aquile Solitarie

“Credo che ciò che scrivo piaccia più alle persone la cui mente sviaggia in continuazione, rispetto a quelle ben ancorate a terra.”

SIMONE DI PLINIO SU AQUILE SOLITARIE

Aquile Solitarie ha intervistato il poliedrico, vulcanico Simone Di Plinio, autore della raccolta di poesie Tempeste di Candore e della raccolta di racconti La mia MelaMarcia.


Di seguito il testo dell’intervista:

Simone Di Plinio matura fin da giovane interessi poliedrici in ambito artistico e scientifico. Consegue la laurea in Neurobiologia parallelamente al diploma in batteria. In campo letterario, è attivo sin dai primi anni universitari. Già autore di una raccolta di racconti, Di Plinio pubblica nel 2020 un libro di poesie, Tempeste di Candore, edito da Edizioni Mondo Nuovo.

Aquile Solitarie – Ci racconti la storia di questo volume.

Simone Di Plinio – Una storia breve, eppure difficile. Breve, perché in fondo è iniziata da poco, e la sua nascita si può dire abbia avuto gli attributi di una scintilla. Difficile, perché la sua scintillanza non ha impedito di essere ardua da partorire, e perché sotto sotto ho sempre avuto il forte sospetto che le poesie che scrivo siano al massimo spiacevoli. Nelle mie prime poesie facevo perlopiù attenzione ai rapporti spaziali tra strofe e versi. Cercavo di comporre usando strutture ritmiche simili ai pattern di batteria che studiavo. Di tutti quegli esperimenti poetici non credo sia rimasto molto, giusto qualcosa sulla pagina “Il Diario Segreto di Sgrnarf”. Poi, per molto tempo, ho scritto solo prosa. Soltanto da qualche anno ho ripreso a scrivere poesie, che ora hanno una forma tutta nuova e diversa dalle prime. L’evoluzione di questa forma la trovate in Tempeste di Candore.

Se volete sapere, nel dettaglio, come sono nate queste poesie, fatevi un giro e guardate quanto sono interessanti i profili delle ragazze, ad esempio mentre agitano le loro caviglie e i loro polsi per salire sulla roccia nuda, oppure fermatevi nel bosco e sorseggiate un buon whisky insieme a qualcuno che vi fa stare bene, oppure ancora innamoratevi di quella tipetta che vi ha appena detto: «ciao, purtroppo mi trasferisco su Plutone», o scalate montagne di carta straccia scivolando e sbattendo la testa su un mucchio di cuscini gialli e gnomi rivestiti di gommapiuma. Tempeste di Candore è la storia di queste scivolate, al rallentatore.

Aquile Solitarie – Quali sono stati gli spunti di ispirazione che hanno portato all’ideazione della copertina di Tempeste di Candore?

Simone Di Plinio – Non lo so. Fondamentalmente questa mia ignoranza si riconduce al non avere ben chiaro come nascano le idee. Direi che, idealmente, la copertina doveva cercare di illustrare sia il contenuto testuale che quello grafico delle poesie. Dunque, ho pensato a poesie che prendono forme umane, come se i due individui fossero due distribuzioni di probabilità supportate da parole che si guardano negli occhi per un secondo, prima di dissolversi per far parte di un universo di versi e di sguardi. La grafica, che ringrazio ancora, è riuscita benissimo a rappresentare questa idea.

Tempeste di Candore

Aquile Solitarie – Leggendo la sua raccolta poetica, si percepisce uno stile ritmato, dai tratti innovativi. Potrebbe dirci qualcosa di più in merito?

Simone Di Plinio – Mi piacerebbe saper argomentare di stile e tecnica poetica, ma putrtoppo sono abbastanza ignorante in materia. Di certo, ho provato con un certo impegno ad accatastare termini stridenti quando lo svolgimento della poesia lo richiedeva, e ho lasciato scivolare i miei pensieri sciocchi quando il gioco si faceva più emozionale. Questo ha forse dato origine ad un certo ritmo, tra l’incalzante e lo schizofrenico, che spero non turbi troppo i lettori. Non si può escludere che la ritmicità derivi anche dal mio batterismo, e che l’innovatività derivi anche dalla mia attitudine curiosa e ricercatrice. In fin dei conti, tutto ciò che siamo rimane lì, intrappolato tra l’inchiostro e la pagina.

Aquile Solitarie – Com’è nata l’idea di affiancare ad ogni poesia una dimensione grafica? 

Simone Di Plinio – Dopo un po’ di smanacciate su tastiere e touchscreen, ho realizzato che alcune parole ne avvicinavano altre in maniera quasi-sensata. Graficamente. Probabilisticamente. Piuttosto che decidere in anticipo la forma e la metrica, però, lasciavo che le parole scorressero, e davo al tutto la forma dell’enfasi con cui scrivevo. Ne conseguiva che il numero di parole in una linea, così come il loro suono, era dettato dalla propulsione generata dall’idea che volevo esprimere. Questa propulsione aveva un albore, un momento culminante, e una fine. Ed ecco qui le prime distribuzioni di probabilità, dove albore e fine sono le code, e il culmine è la cresta della campana di Gauss (cfr. poesia “More ankles”). Da lì ho capito che la cosa poteva essere divertente, quindi ho provato altri pattern, ho incrociato distribuzioni tra loro, e compenetrato concetti. Poesie vecchie, già compiute e completate, direi quasi soddisfatte, sono state prese e manipolate per estrarne le distribuzioni di probabilità latenti. Spesso restituivano urla, mentre le contorcevo e sostituivo le parole per dare la forma che avevo in mente. Questa sensazione viene descritta efficientemente nella prefazione del volume. Ho anche trasposto alcuni testi delle mie canzoni per formare queste poesie sconce probabilistiche multidimensionali (vedi “Una poesia per gli artisti”, “Non solo pecore”, “Responsability is venom”). Dunque, direi che da questo momento ci fu la dimensione grafica.

Aquile Solitarie – Che tipo di sentimenti vuole suscitare attraverso Tempeste di Candore?

Simone Di Plinio – Non ho nessuna pretesa. Credo che mi vada bene anche il disgusto, se nel suo complesso il tutto riesce ad avere una funzione di utilità per chi legge.

Aquile Solitarie – Tra le sue poesie mi ha colpito “Il mendicante medio”. Può provarmi a spiegare come l’uomo, oggi, vive le proprie emozioni?

Simone Di Plinio – Ho scritto quella poesia adagiato sugli scogli pescaresi. Scaturisce dalla bassa considerazione che si ha mediamente dei poeti e degli artisti, visti come dei radical chic che possono permettersi il vezzo di guardare cose belle e scarabocchiare fogli, mentre gli altri “lavorano sul serio”. Credo che l’errore più frequente nel “vivere le emozioni” sia porsi troppi o troppi pochi problemi sul fatto di averne, di emozioni, e di doverle controllare. Questo crea una polarità “rimuginismo” vs. “menefreghismo” nella quale ogni tanto ci rintaniamo, e che spesso porta a difficoltà nella gestione delle emozioni e delle relazioni emotive. Sarebbe facile dire che bisognerebbe non aver paura di esternarle. Sarebbe scontato sperare in una riscoperta dell’emotività da parte dei wannabe macho che irrorano le strade del mondo. Sarebbe triste doverne parlare in strofe. Eppure, è quello che ogni tanto faccio.

Aquile Solitarie – Quale tipo di lettore potrebbe leggere il suo libro?

Simone Di Plinio – Il lettore disattento, che tralascia di leggere tutti i segnali che cerco di dare nella prefazione relativi al fatto che, probabilmente, ne resterà perplesso. A conti fatti, credo che ciò che scrivo piaccia più alle persone la cui mente sviaggia in continuazione, rispetto a quelle ben ancorate a terra.

Aquile Solitarie – Per concludere, vuole dedicarci un verso?

Tra ciò che uno vuole

e ciò che uno compie

s’intrecciano storie

e si alzano fronde.

Nei tramonti distesi,

i rapaci più esperti

sapranno scrutare

i paesaggi deserti,

e tessere trame,

magie in versi

Fonte: aquilesolitarie.altervista.org

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